Val di Non, passato e presente
Già nel '600 la diffusione della vite è notevole e tra il '700 e l'800 la viticoltura conosce uno continuo sviluppo. Il vino più pregiato della valle è il Groppello di Revò e durante l'800 la fortuna della viticoltura è tale da permettere l'esportazione del prodotto nella vicina Austria. Dopo la Grande guerra la viticoltura in Val di Non entra irrimediabilmente in crisi a causa di inverni particolarmente freddi, parassiti e la concorrenza di altri vini della valle dell'Adige.
I gelsi giugono in Val di Non già nel 1600 e la bachicoltura conosce un periodo di grande produttività. Verso la metà del 1850 si producono 206.400 libre annuali di bozzoli pari a circa 94.000 chilogrammi. Nei primi decenni del'900 l'industria serica dell'Anaunia entra in crisi e scompare definitivamente. Diversi furono i fattori che determinarono la crisi. Tra queste, una forte epidemia che colpisce i bachi da seta e successivamente la scelta di privilegiare un'economia basata sulla frutticoltura.
una volta non c'erano le mele in Val di Non
Nei primi dell'800 in Val di Non si coltinavo la segale, il mais, le rape, il cavolo cappuccio e le patate. Gli alberi da frutto sono diffusi ma vengono lasciati alla natura. Un ruolo fondamentale è svolto dal grano saraceno, il cosiddetoo 'formenton'. Anche l'allevamento del bestiamo era molto diffuso; c'erano le pecore ed i pastori. Si lavorava il formaggio, si andava in malga per l'alpeggio e nacquero i caseifici. L'allevamento del bestiame è ancora presente in valle, sebbene molto inferiore rispetto a quello della frutticoltura.
arriva la mela
i fitofarmaci, l'altra faccia dell'agricoltura
Arseniato di piombo confuso con la farina e usato come cibo per il bestiamo, oppure antiparassitari stoccati in comuni bottiglie per le bibite e bevuti per errore come birra, sono casi accaduti realmente. Oggi giorno i controlli sono aumentati ed esiste una regolamentazione normativa all'uso e manutenzione dei prodotti. Gli atomizzatori vengono controllati periodicamente e serve un apposito patentino per utilizzarli. La moderna irrigazione a goccia a differenza di quella a pioggia è più precisa e calibrata. I meleti moderni sono costituiti da piante piccole e basse rispetto ai grandi meleti di un tempo con la conseguente diminuzione della superficie da irrorare. Il rischio legato all'utilizzo degli antiparassitari grava sul contadino dato che è maggiormente esposto ai pericoli connessi all'uso degli insetticidi, e grava sugli abitanti della zona, in quanto tutti hanno diritto ad un ambiente sano. Casi di tumori e leucemie sono all'ordine del giorno in Val di Non, casualità o negligenza?
Molte aree sono state disboscate per far spazio ai meleti, la produzione supera la richiesta, le mele devono essere perfette per la richiesta del mercato, ma bello non è sinonimo di buono. Si dovrebbe pensare ad un concetto di prodotto sano e buono senza l'abuso di pesticidi ed alla qualità, non alla quantità.
la vite e il gelso
Il paesaggio della Val di Non è completamente cambiato nel corso dei decenni. Dalla coltivazione del baco da seta, all'allevamento di bestiame fino ad arrivare alle famose mele che tutti noi conosciamo. Il popolo della Val di Non ha tutt'ora un legame speciale con la sua terra, la sua cultura e le tradizioni popolari.
Prima del 1850 non c'è traccia delle coltivazioni di meleti in Val di Non. Nella seconda metà del secolo, gelsi e viti vengono colpiti da malattie che spingono alcuni contadini ad orientarsi verso la frutticoltura, mentre gli altri emigrano in Germania, Francia, Stati Uniti. La coltivazione delle mele si dimostra un successo e l'abbondanza di raccolto permette l'esportazione del prodotto. Nei primi decenni del'900 prevale ancora la tecnica del prato-fruttetto, ovvero una parte del campo viene coltivata con meleti mentre l'altra parte è coltivata a prato per ottenere il foraggio destinato agli animali. Dopo la Seconda guerra mondiale la frutticoltura si afferma definitivamente portando ricchezza, lavoro e benessere e cambia il volto della valle. Dal lavoro manuale nei campi con l'utilizzo del bestiame si passa alla meccanizzazione con l'ausilio di possenti macchine agricole che trasformano il modo di lavorare nei campi. Nascono le cooperative, agricoltori uniti che con caparbietà e dedizione lavorano insieme coltivando i frutteti. Negli anni '80 i soci delle cooperative aumentano come anche la produzione di frutta. Nel 1989 nasce il marchio Melinda.